31 AGOSTO 2023

SOLANACEE: PIANTE BENEFICHE O TOSSICHE PER L’UOMO?

A cura della Dott.ssa Silvia Marchetto

Oggi parliamo di una famiglia di piante di grande importanza per l’uomo, le Solanaceae.
Se si cerca qualche informazione relativamente all’etimologia di questa parola si trova ben poco se non che il nome sembrerebbe derivare da un composto tipicamente contenuto da questo gruppo di piante: la solanina, alcaloide potenzialmente tossico a seconda della concentrazione con cui si trova nella pianta. Il termine solanina a sua volta, potrebbe derivare dal latino sol , “sole” o dal latino solare , "sollevare", in riferimento alle proprietà emollienti e ammorbidenti delle radici.

In effetti entrambi i significati potrebbero essere plausibili: tutte le piante appartenenti a questa famiglia mostrano una relazione molto forte con il sole, mentre le radici, per lo più tuberose, poco ancorate al suolo, sembrano quasi, nella loro morbidezza, rifiutare il rapporto con l’elemento terreno. In effetti, in questo gruppo, pare proprio che tutte le forze vitali siano impegnate a spingere il più possibile lo sviluppo della pianta in direzione del sole. Ciò si traduce in infiorescenze chiassose, che si verificano addirittura ancora prima che tutto l ‘apparato floreale possa giungere al suo pieno sviluppo. Quello a cui si assiste è una lotta tra due principi, una curiosa combinazione tra la crescita dell’apparato fogliare e l’infiorescenza che sopraggiunge e predomina su tutto il resto, mentre gli alcaloidi tossici si accumulano nella parte radicale.

Le solanaceae sono dunque innanzitutto piante erbacee che crescono in fretta e vigorosamente, sovrabbondanti di vitalità cui ne fa parte ad esempio la Belladonna e la Datura che sembrano quasi voler diventare alberi, tanto abbondante e prorompente risulta la loro fioritura. Quest’ultima, cerca così avidamente la forza solare, da arrivare a creare corolle a forma di profonde coppe, campane o tuboli quasi che questi vogliano risucchiare tutto il calore proveniente dal Cosmo. Ciò si traduce in un interno spesso scuro con profumi forti, stordenti e colore torbido. Dalla radice frequentemente sale un pigmento scuro, di un colore viola-nerastro che può volgere al marrone chiaro quando arriva al gambo e che ricompare poi in succo scuro nel fiore.

Tutto in queste piante insomma sembra incarnare un principio notturno, tant’è che la fioritura stessa può arrivare ad essere notturna mentre durante le ore diurne i fiori, attraverso movimenti complessi, cercano sempre l’ombra. Curioso è che il termine tedesco per indicare questa famiglia è Nachtschatten ovvero “ombra della notte”. Non per nulla nel Medioevo la Datura, la Mandragora e il Giusquiamo facevano parte degli “unguenti delle streghe” di bevande e fumigazioni. Gli effetti di questi preparati, che potevano mettere a repentaglio la vita, liberavano il corpo dalla pesantezza terrestre con sensazioni di levità e di “volo planare” accompagnati dalla liberazione di istinti, desideri e brame ed esperienze visionarie.

Ad oggi tali piante sono considerate altamente tossiche per cui bandite da ogni possibile utilizzo alimentare o fitoterapico. Sopravvive invece un interessante utilizzo in campo omeopatico laddove la tintura della pianta, opportunamente diluita e dinamizzata, in virtù proprio della sua peculiarità tossica, è in grado di aiutare a riportare “in asse” un organismo che per effetto della malattia abbia subito una sorta di “deviazione” rispetto alla sua situazione di equilibrio.

Quanto fin qui descritto non vale tuttavia per tutte le Solanaceae. Nelle numerose rappresentanti del genere Solanum, Physalis e Capsicum, cui appartengono il famoso pomodoro, la patata, la dulcamara, la morella, il peperone e l’alchechengi, la fioritura non a caso si fa meno invadente e mantiene il suo “giusto posto” rispetto alla parte fogliare. Il fiore cessa di essere una struttura invaginata e gli alcaloidi risultano molto meno potenti e tollerati (solanina) tant’è che addirittura i frutti e i tuberi maturando diventano innocui e anzi, importanti alimenti. Il pomodoro, con il suo contenuto in potenti antiossidanti (licopene, vitamina A ed E), una cospicua componente minerale (ferro, zinco, selenio..) ed acido organici (citrico, malico..) e per via della sua natura acquosa-succosa è favorevole al fegato, l’organo più “polposo” di tutti nonché nelle infiammazioni del midollo osseo; c’è poi il peperoncino, contenente la famigerata capsaicina, che gli conferisce il tipico gusto pungente e la proprietà di provocare bolle simili ad una bruciatura tanto è vero che riporta proprietà attivanti del metabolismo, riscaldanti, capaci di liberare un corpo convulso da reumatismi calmando il dolore. Ultimo esempio l’alchechengi, una solanacea con un bassissimo contenuto di alcaloidi, potente amaro, contiene molta vitamina C e un carotenoide nel frutto. La sua congenere peruviana ha frutti commestibili il cui sapore presenta delle somiglianze con quello del pomodoro.


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