25 MARZO 2021

Il filo rosso della professione

(Puntoeffe - Marzo 2021)
Quando si viene a contatto con Enricomaria Girardi e la sua avventura imprenditoriale, si ha subito l’impressione che nulla
sia lasciato al caso. La semplicità con cui si viene accolti non è un solo un aspetto caratteriale, ma un modo di essere che cela la profondità di pensiero e la complessità tipica delle persone che si sentono “in cammino”. Lui gestisce una farmacia a Quinto di Treviso, cui se n’è aggiunta un’altra recentemente, con relativo dispensario farmaceutico. Ma non solo.

Ci parla della sua attività, dottore?
La gestione della farmacia di Quinto di Treviso da parte della nostra famiglia inizia nel 1968. La sede è stata rinnovata nel 1998 e poi trasferita nel 2009 in un edificio di legno che a quel tempo era il più grande a uso pubblico al di fuori della provincia di Bolzano. In questo edificio abbiamo potuto sviluppare i servizi terapeutici complementari (fisioterapia, osteopatia, arteterapia, eccetera). Alchèmia fitobottega nasce nel 2013 e nel 2014 apre il primo bistrot a Quinto di Treviso, nel 2019 il secondo in zona pescheria a Treviso. Sempre dal 2014 abbiamo iniziato a distribuire presso le farmacie interessate i prodotti fitoterapici e gli alimenti della linea “Alchèmia fitobottega” e dal 2017 i prodotti fitocosmeceutici della linea “Sylyf”. Nel 2020 abbiamo acquisito la farmacia di Porto Santa Margherita con la succursale di Duna Verde, e aperto il terzo bistrot, in un polo dedicato al mondo della bici, per consolidare le nostre realtà messe in crisi, in parte della situazione conseguente al Covid.

Una molteplicità di imprese, su svariati fronti: farmacia, integrazione, cosmesi, alimentazione, ristoro. Qual è il filo rosso che le unisce, ovvero l’ideale, la spinta, la ricerca che ha costruito questo percorso?
Il filo rosso che collega e anima tutto il nostro percorso è valutare in senso dinamico (e cioè evolutivo nel corso del tempo) il rapporto che c’è tra la salute dell’individuo e tutto ciò che entra in relazione con la salute: benessere individuale, ambientale e sociale.
Abbiamo indagato nel corso del tempo gli aspetti legati all’ambiente (dalla bioedilizia all’agricoltura biologico-dinamica e molto altro), allo stile di vita, alla nutrizione. La biografia di una persona è caratterizzata da aspetti anche di tipo sociale (culturale, sportivo, artistico, gestione del tempo libero…): in realtà tutto, se coltivato in un certo modo, può diventare salute oppure generare malattia.
In una parola, approfondiamo molto i temi della “salutogenesi”: disciplina che pone l’accento più su “ciò che aiuta a guarire”, in senso fisico, psicologico-emotivo e, appunto, biografico-sociale o spirituale.

La farmacia come impresa vive su un crinale scivoloso: da una parte viene “protetta” dalla concorrenza grazie a monopolio sul farmaco (di fascia A) e dalla pianta organica, dall’altra ormai il Ssn non è più sufficiente da solo a garantirne la sopravvivenza economica. Come si possono quadrare i conti proteggendo le persone da abuso di farmaci o integratori, con un consiglio scientificamente corretto e onesto? 
Alcuni decenni fa a mio papà, farmacista e molto altro, arrivò una comunicazione in qualità di “imprenditore” e lui si offese a
morte, evidenziando il fatto che mai un professionista (tanto più se della salute), sarebbe da designare quale “imprenditore”.
Da molti anni a questa parte, in ogni dove si ripete il mantra che se il farmacista non diventa imprenditore può cambiare
mestiere. Entrambe le cose sono vere e sta al singolo professionista-imprenditore trovare un equilibrio che, solo allora, potremo definire etico. Perché senza libertà individuale non c’è etica. La nostra ricerca è sempre stata quella di proporre attività che nell’ambito della salute abbiano una ricaduta positiva sulla sfera economica. Il movente è la promozione della salute e la soddisfazione del paziente-cliente, ciò che resta alla fine del processo è un risultato economico. Evidentemente ci sono attività che non producono risultati e rientrano nel campo delle attività di carattere sociale che fanno pur parte della missione della farmacia e vanno valutate in un contesto complessivo.

Per esempio?
Rispetto alle attività con ricaduta sociale, noi le suddividiamo in sponsorizzazioni (dove c’è una ricaduta positiva a livello di
immagine delle nostre aziende) e sostegno (dove l’azione è totalmente gratuita e senza alcun tornaconto). Identifichiamo un budget (10-15.000 euro all’anno circa) e lo suddividiamo: abbiamo due società sportive, Amnesty International, Medici Senza Frontiere e altre associazioni locali. Inoltre, mettiamo un budget per sostenere il lavoro con tirocinanti (2/anno), stagisti (2-3/anno), alternanza scuola-lavoro (10/anno) e abbiamo un “gruppo giovani” in Alchèmia, formato da studenti universitari che lavorano a chiamata. Per loro facciamo formazione e diamo la possibilità di entrare in modo morbido nel mondo del lavoro. Infine, rimanendo sul sociale, abbiamo
scelto di adattare il lavoro al tema “mamma”: le nostre collaboratrici hanno contratti part-time compresi tra 28 e 32 ore e quasi sempre un’unica uscita giornaliera. Ovviamente grazie ad Alchèmia garantiamo un servizio-mensa interno di qualità. L’obiettivo futuro è di farci riconoscere come B Company.

Come fa un unico titolare a portare avanti una tale mole di lavoro, gestendo la normalità e risolvendo l’imprevedibile?
Fin da giovanissimo avevo capito che in farmacia c’erano tutta una serie di attività che non amavo fare e che potevano essere delegate all’esterno; in seguito, ho cercato di formare un “gruppo di gestione” (fondamentali in questo senso la presenza di mia moglie Chiara e della sorella Alessandra, ma anche di altre persone) dotato di competenze molto variegate (ci sono per esempio due ingegneri). Le dimensioni dell’attività sono importanti in questo senso, ma anche la decisa volontà di mettere delle risorse, e molte, nel gruppo di lavoro.

Trovo in questo già una profonda innovazione, ovvero la condivisione della gestione su più livelli. Poco diffuso
nel mondo farmacia, in cui prevale l’uomo (o donna) titolare/tuttofare.
Un giorno ero alle prese con un terapeutasensitivo che a bruciapelo mi chiese: «Come fai a fare questo lavoro, tu che sei un creativo?». In effetti la mia personale ricerca è sempre stata quella di far “sbocciare” i vari ambiti del nostro lavoro in modo rinnovato, nel senso di adeguare le attività ai bisogni via via diversi delle persone: le possibili attività del laboratorio galenico, l’ampliamento dei servizi, l’impiego delle tecnologie (sulle quali sono piuttosto impedito). In particolare, però, la mia creatività trova spazio nello sviluppo di nuove formule fitoterapiche e fitocosmeceutiche in Alchèmia fitobottega. 


Colonn


Parliamo di Alchèmia.
Abbiamo il desiderio che il benessere individuale divenga anche benessere sociale e ambientale e crediamo in questo modo di contribuire a quello che è il fine dell’uomo sulla terra: poter vivere in armonia con gli altri uomini ed esseri del creato, avendo cura del pianeta nel suo complesso.

Come si traduce nella pratica, dal punto di vista fitochimico? Quali sono le scuole fitoterapiche che segui e come scegli gli estratti e le formulazioni?
Il prodotto viene declinato avendo a cuore tre aree che lo compongono. La prima è quella della fitochimica basata sulle evidenze scientifiche e gli ingredienti che appartengono a questa area rispondono ai
relativi requisiti di qualità, concentrazione, titolo, standardizzazione; impiego sostanze pure, se serve, ma soprattutto fitocomplessi.
La seconda è quella della medicina naturale (visione dell’uomo della medicina funzionale, ayurvedica e biodinamica) e gli ingredienti sono piante impiegate come estratti in polvere che lavorano in modo sinergico (derivazione, vicariazione d’organo, equilibri energetici…). La terza area è quella salutogenetica, declinata sul piano d’organo e funzionale, dove gli ingredienti sono quelli che possono diminuire l’infiammazione debole cronica, lo stato ossidativo, sostengono il micro e microbioma, supportano la cellula nelle attività di riparazione, apoptosi in senso epigenetico. Ove questo non si riesca a perseguirlo in un unico prodotto, proponiamo un protocollo che tenga conto anche di aspetti nutrizionali e, talvolta, di stile di vita.

La farmacia è un punto di una rete più vasta di relazioni: cittadino, amministrazione, sistema sanitario, azienda sanitaria, grossista, produttori di farmaci/integratori. Quali di queste relazioni ritieni la più importante?
Guardando la cosa da un punto di vista spassionato, azzarderei che il singolo punto, la singola farmacia che chiaramente ha una sua precisa identità, non potrebbe esistere in sé, se non come il “coagularsi” di aspetti che stanno appunto “in rete”. Talvolta questi interessi sono in parte contrapposti e il valore della singola impresa indipendente è proprio quello di porsi come elemento di garanzia. 

Come organizzi la formazione e l’educazione scientifica del tuo team: argomenti, taglio, scansione temporale, condivisione con il gruppo?
Per la mia percezione della vita lavorativa/educativa il fatto che per legge si sia arrivati a codificare delle attività formative “obbligatorie”, rappresenta una sorta di “segno dei tempi”. Le attività formative ed educative nel nostro gruppo di lavoro rappresentano un elemento quotidiano con il quale confrontarsi. Nel gruppo abbiamo sempre favorito la specializzazione dei farmacisti; diciamo che oggi la laurea è senz’altro un punto di partenza e non di arrivo. Nutrizione, fitoterapia, omeopatia, galenica,
gestione, cosmesi… sono argomenti oggetto di scuole di specializzazione o seconde lauree che sono presenti nel nostro gruppo. Il “lavoro” lo iniziamo con i tirocinanti dell’università, cercando di individuare le persone che hanno una certa propensione ad approfondire i temi della nostra così variegata professione. Quindi nei primi anni di lavoro, quelli in cui c’è più tempo ed energia, cerchiamo di individuare e condividere un possibile percorso formativo. Abbiamo anche una PhD che si cura, tra i vari compiti, anche della formazione interna in modo che la diffusione della conoscenza sia omogenea all’interno del gruppo. A oggi siamo all’incirca 30 persone e programmare le attività formative e di gestione e sviluppo del lavoro (noi operiamo tramite gruppi di lavoro suddivisi per
aree di competenza) è fondamentale.

Si è scritto e detto molto su quest’anno di lavoro in farmacia, in mezzo alla pandemia. Cosa ti ha impressionato principalmente di quanto successo? 
La pandemia è “l’esempio” di un modello salutogenetico praticamente fallito, in Italia e altrove. Fin da subito quello che mi ha preoccupato è stato lo sconvolgimento della “normalità” che mi rendevo conto avrebbe portato un danno ulteriore a quello operato dal virus. Quest’ultimo infatti colpisce in via indiretta, cioè tramite l’infiammazione che procura. Anche il danno indiretto da infodemia è stato deflagrante.

In che senso?
Pazienti abbandonati, pazienti non “rivalutati” (oncologici), situazioni di criticità che non afferivano agli ospedali (infartuati), carico psicologico (vedere i dati della situazione in adolescenza o nel mondo dell’anziano). A uno sguardo oggettivo, la prevalenza di mortalità nel 2020 rispetto agli anni precedenti è dovuta anche a fattori di questo tipo. Quello che abbiamo cercato di fare noi è di “ampliare” gli spazi di vita: fitoterapia preventiva, incoraggiare la vita all’aria aperta, sostenere iniziative locali di supporto ai ragazzi per attività varie, incoraggiare le persone mitigando il devastante lavoro dei media, consegne a domicilio del farmaco per arrivare vicino alle persone, quelle isolate e agli anziani. Molti anziani sono morti quest’anno, ma non di Covid: di abbandono, di solitudine, di perdita di voglia e di senso. Come farmacia, in senso organizzativo; abbiamo implementato dei servizi utili alle persone (per esempio
tamponi, consegne a domicilio, gestione delle richieste tramite App e così via). 

Tra farmacia tradizionale e farmacia dei servizi in senso moderno, come ti collochi?
Nel complesso credo di più al farmacista come “maestro delle sostanze” che non alla farmacia come “mini ambulatorio di prima istanza”, perciò mi piacerebbe che rimanessero i farmaci in farmacia con le attività relative al farmaco.

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