22 AGOSTO 2020

USO MEDICO DELLA CANNABIS TERAPEUTICA

A cura della Dott.ssa Brigida Garofalo



"L'uomo non può essere schiavo e se ti dicono che non puoi cantare di nuovo una canzone come Kaya, la devi ricantare. Vedi non dobbiamo correre troppo, dobbiamo lasciare sempre un certo margine così la gente ti può raggiungere."


Bob Marley


In questo articolo:

  1. Introduzione
  2. La pianta di canapa
  3. Principi attivi
  4. Cannabis ad uso terapeutico e prescrivibilità
  5. Il sistema endocannabinoide
  6. THC e CBD: quali le differenze?
  7. conclusioni 



1 Introduzione 


Come abbiamo avuto modo di sottolineare nell’articolo dedicato ai farmaci oppiodi, molte molecole  classificate come sostanze d’abuso trovano anche un riscontro nella pratica clinica: lo sono -come abbiamo visto-i derivati dell’oppio, lo è anche la CANNABIS: sicuramente una delle piante più chiacchierate del regno vegetale. 

Quando definiamo un principio attivo come sostanza d’abuso lo facciamo seguendo sia  un “filone di credo” personale ma tenendo anche conto del contesto socio-culturale nonché di ordinamenti giuridici vigenti.In questa serie di articoli che dedicheremo alle cosiddette DROGHE, il criterio di suddivisione che applicheremo è quello farmacologico , tenendo quindi conto solo delle proprietà farmacodinamiche del principio attivo stesso.

Portatrice di una cultura millenaria, l’uso della Canapa (o Cannabis) ha da sempre alimentato un forte dibattito etico e culturale che ha influito in modo altalenante sulla ricerca farmacologica. Tuttavia l’uso di questo arbusto  ha accompagnato la civiltà umana con diversi usi e spazia in diversi settori: da quello alimentare a quello tessile. Esempi  possono essere i cordami e i tessuti molto resistenti ricavati dal fusto molto robusto; ricordiamo che dalla polpa si può ottenere in proporzione più cellulosa che dagli alberi e quindi realizzare  maggiori quantità di carta. I semi di canapa, invece, hanno un altissimo valore proteico ,valore biologico del 24% che arriva a 30-40% nell’olio di semi di canapa, dalle qualità nutritive eccezionali in quanto ricco di grassi insaturi.

In questo focus cercheremo di approfondire i criteri di prescrizione della canapa ai fini terapeutici e gli effetti dei due principali metaboliti appartenenti alla famiglia dei cannabinoidi: il THC e  il CBD.


2 La pianta Canapa


La canapa è una pianta erbacea a ciclo annuale il cui nome scientifico è Cannabis Sativa. Secondo la tassonomia ufficiale moderna, la cannabis è inclusa nella famiglia delle Cannabacee (insieme al luppolo), genere Cannabis. Da un punto di vista botanico, la Canapa si presenta però in molte varietà e vi è una controversia sulla sua classificazione tassonomica.





La Cannabis varietà sativa può raggiungere un’altezza di 4 metri ed è tipica di ambienti caldi come il Sudafrica, il Marocco, l’America centro-meridionale. La produzione di resina non è particolarmente abbondante e il periodo di fioritura varia tra le 9 e le 12 settimane.

La Cannabis varietà indica è una variante acclimatata ai rigidi ambienti di montagna come l’Himalaya, l’Afghanistan, il Nepal; non supera gli 1,5-2 metri di altezza, la produzione di resina è generosa e il periodo di fioritura è compreso tra le 6 e le 9 settimane.

La Cannabis varietà ruderalis arriva a malapena al metro di altezza. È una variante adattata ai lunghi e rigidi inverni, il periodo di fioritura è molto breve, nell’ordine delle 4 settimane. Da segnalare inoltre, la scarsa concentrazione di THC, a favore di un più elevato contenuto di CBD rilevabile in natura (Stafford and Bigwood, 1982).

Tra le tre varietà descritte la  Sativa è quella che presenta la percentuale maggiore di THC (> 50%) sul totale dei cannabinoidi prodotti dalle infiorescenze femminili. Mentre, la Cannabis indica e quella ruderalis, presentano la percentuale di CBN maggiore e di CBD tra i cannabinoidi prodotti dalla pianta. Tutte e tre le tipologie di cannabis si possono ibridare tra loro per dare origine a nuovi tipi di piante con caratteristiche diverse dalle piante madri. 



3 Principi attivi della cannabis


La pianta più studiata e coltivata è la Cannabis sativa, fonte di un gran numero di principi attivi. Quando si parla di piante fitoterapiche si fa spesso riferimento al FITOCOMPLESSO ( l’ insieme dei componenti chimici di una pianta, risultante dalla naturale combinazione del principio attivo con altre sostanze, terapeuticamente inattive (per es., cellulosa) o con attività di natura diversa, ma che globalmente conferiscono alla pianta le specifiche proprietà terapeutiche per cui viene utilizzata. I principi attivi presi singolarmente, infatti, possono rivelarsi meno efficaci o con effetti diversi da quelli della pianta nel suo complesso)


Il fitocompleso della cannabis è costituito da una complessa miscela di sostanze chimiche, più di 400, una  sessantina delle quali formano il gruppo dei fitocannabinoidi; il THC (Tetraidrocannabinolo), il  CBD (Cannabidiolo), CBG (Cannabigerolo) sono sicuramente i fitocannabinoidi più noti della cannabis.

Altri componenti farmacologicamente attivi sono terpeni, flavonoidi e alcaloidi.



4 La Cannabis terapeutica 


Sono attualmente disponibili due sostanze attive di origine vegetale a base di Cannabis di produzione nazionale a differente contenuto di THC e CBD per l’allestimento di preparazioni magistrali:


  • Cannabis FM2 (contenente THC 5% - 8% e CBD 7,5% - 12%)


  • Cannabis FM1 (contenente THC 13,0-20,0%; CBD<1%)


Si tratta di sostanze attive a base di cannabis coltivate e prodotte nello SCFM - Stabilimento Chimico Farmaceutico militare di Firenze, in conformità alle direttive europee in materia di medicinali. 

Le preparazioni magistrali di origine vegetale a base di cannabis possono essere allestite in farmacia dietro presentazione di ricetta medica non ripetibile

La rimborsabilità dei medicinali a base di cannabis non è prevista da tutte le Regioni, ma solo dalle Regioni di seguito elencate che hanno legiferato in materia di erogazione di “farmaci cannabinoidi”: Puglia, Toscana, Liguria, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche, Abruzzo, Umbria, Sicilia, Basilicata, Emilia Romagna, Piemonte, Campania, Lazio.


5 Quando può essere prescritta?


In base alle evidenze scientifiche riportate in letteratura, che tra l’altro vengono aggiornate ogni due anni, l’uso medico della cannabis non è da considerarsi come una vera e  propria terapia ma piuttosto un trattamento sintomatico di supporto ai trattamenti standard, quando questi ultimi non hanno prodotto gli effetti desiderati, o hanno provocato effetti secondari non tollerabili, o necessitano di incrementi posologici che potrebbero determinare la comparsa di effetti collaterali.

Gli impieghi di cannabis ad uso medico riguardano:


  1. l’analgesia in patologie che implicano spasticità associata a dolore (sclerosi multipla, lesioni del midollo spinale) resistente alle terapie convenzionali;


  1. l’analgesia nel dolore cronico (con particolare riferimento al dolore neurogeno) in cui il trattamento con antinfiammatori non steroidei o con  farmaci cortisonici o oppioidi si sia rivelato inefficace;


  1. l’effetto anticinetosico ed antiemetico nella nausea e vomito, causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV, che non può essere ottenuto con trattamenti tradizionali;


  1. l’effetto stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa, che non può essere ottenuto con trattamenti standard;


  1. l’effetto ipotensivo nel glaucoma resistente alle terapie convenzionali;


  1. la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette che non può essere ottenuta con trattamenti standard.


(fonte: Ministero della Salute)


6 Il sistema cannabinoide 


Il sistema endocannabinoide è un complesso sistema endogeno di comunicazione tra cellule, prende il suo nome dalla pianta di cannabis poiché alcuni  dei suoi fitocannabinoidi, tra cui il THC, mimano gli effetti degli endocannabinoidi legandosi agli stessi recettori. Ed è proprio in base alla localizzazione di questi  recettori, è stato ipotizzato- e in parte confermato- che il sistema endocannabinoide sia coinvolto in un gran numero di processi fisiologici. 

Nella figura  vengono riportate le principali funzioni del sistema endocannabinoide in normali condizioni fisiologiche. 




 Sulla superficie di molti tipi di cellule vi sono recettori per i cannabinoidi ( CB), sui quali si legano sia molecole endogene (endocannabinoidi) sia il THC o il CBD.

Fino a qualche anno fa si pensava che esistessero solo due tipi di recettori cannabinoidi, i CB1 scoperti nel 1990 e i CB2, scoperti qualche anno dopo, nel 1993 ma ci sono crescenti evidenze dell’esistenza di ulteriori recettori cannabinoidi sia a livello centrale che periferico. Uno di questi potrebbe essere il recettore “orfano” accoppiato alla proteina G, denominato GPR55. 


L’ attivazione dei recettori CB1 ha effetto sulla circolazione e la psiche simili a quelli causati dalla gestione di cannabis, cosa che non avviene con la stimolazione dei recettori CB2. Irecettori CB1 si trovano principalmente sulle cellule nervose di encefalo, midollo spinale e sistema nervoso periferico ma sono presenti anche in alcuni organi e tessuti periferici tra cui ghiandole endocrine, ghiandole salivari, leucociti, milza, cuore e parte dell’apparato riproduttivo, urinario e gastrointestinale. Molti recettori CB1 sono espressi sulle terminazioni nervose centrali e periferiche ed inibiscono il rilascio di altri neurotrasmettitori, questo fa si che si possa avere un controllo sulla  sovrastimolazione o sovrainibizione da parte di neurotrasmettirori. I recettori CB1 sono espressi particolarmente nelle regioni dell’encefalo che sono responsabili del movimento (gangli basali, cervelletto), dei processi mnestici (ippocampo, corteccia cerebrale) e della modulazione del dolore (alcune zone del midollo spinale, la sostanza grigia periacquiduttale) mentre la loro espressione a livello del tronco encefalico è bassa, il che può spiegare la mancanza di mortalità acuta cannabis-correlata. Il bulbo spinale controlla, tra le altre cose, la respirazione e la circolazione.

I recettori CB2 sono presenti principalmente nelle cellule immunocompetenti, tra cui i leucociti, la milza e le tonsille. Una delle funzioni dei recettori CB2 nel sistema immunitario è la modulazione del rilascio di citochine, che sono responsabili delle risposte infiammatorie.


  

7 THC e CBD


Adesso guardiamo da vicino i due  fitocannabinoidi protagonisti di questo ultimo paragrafo: il THC e il CBD.

Il primo è sicuramente il più rinomato, trattandosi del principio attivo a cui sono associati gli effetti psicotropi e responsabile quindi dell’illegalità di alcune specie di Cannabis a scopo ricreativo in molti Paesi. La Cannabis terapeutica invece ,come  visto e stabilito dal decreto del Ministero della Salute, è prescrivibile per ogni tipo di dolore cronico, che sia esso oncologico o neuropatico. 

Tuttavia solo gli ultimi anni hanno visto crescere in maniera esponenziale l’interesse verso il CBD, il “fratello” legale del più conosciuto e già menzionato THC; interesse confermato dalla pubblicazione di numerosi studi in ambito medico-scientifico.

 

Il ∆9-THC ha approssivamente eguale affinità per I recettori CB1 E CB2, in altri termini è agonista parziale dei entrambi i recettori , ma anche su enzimi e canali ionici con effetti:

- Antidolorifico

- Antinausea

- Antiemetico

- Stimolante l’appetito

- Ipotensivo sulla pressione endooculare. 


Il Cannabidiolo (CBD) agisce come antagonista dei recettori CB1 e CB2 (anche se si lega poco) e verso i recettori vanilloidi TRPV1 e 2 ed agonista dei recettori serotoninergici 5-HT1 con effetti: 

- Antinfiammatorio

- Anti nausea

  • Antipsicotico - Ansiolitico-antiepilettico
  • Analgesico- antiemetico


È utile sottolineare che il CBD è un componente non psicoattivo (e non stupefacente) della cannabis, presente sia nella cannabis terapeutica che in quella industriale (“canapa”); ditte specializzate possono estrarre questa sostanza isolandola completamente da qualsiasi altro componente presente nella cannabis ottenendo CBD purissimo.   

 


Conclusioni 


Concludiamo l’articolo con un’osservazione a nostro parere importante: l’uso della cannabis nell’adolescente. Numerosi studi hanno dimostrato che l’uso del THC nell’adolescente comporta un aumento della materia grigia nel cervello, nello specifico a livello dell’amigdala ed ippocampo; osservazione anomala in quanto nell’adolescente il cervello è più sottile e raffinato perché ancora in fase di sviluppo.

Poiché queste sono le zone dove risiedono le emozioni, la paura, lo sviluppo della memoria e le abilità spaziali FUMARE CANNABIS altera verosimilmente queste facoltà. Un altro studio parallelo ha valutato, sempre negli adolescenti consumatori di cannabis, alcuni disturbi mentali, tra cui ansia, depressione e panico; dai dati raccolti è emersa una maggiore incidenza di queste patologie.



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