3 DICEMBRE 2019

Sensibilità al glutine e dieta gluten-free: solo una moda?

Sensibilità al glutine e dieta gluten-free: solo una moda?


A cura della Dott.ssa Brigida Garofalo


Il glutine è il peggior nemico dei celiaci e come abbiamo avuto modo di sottolineare nell’articolo di qualche giorno fa sull’aggiornamento sulle nuove linee guida, circa il 70 % delle persone celiache ad oggi non sanno di esserlo, mentre sembra che la maggior parte della popolazione non celiaca sia appassionata (o possiamo dire ossessionata?) da una dieta gluten free.


Pubblicità che fanno riflettere


L’idea della pasta al glutine era venuta a Giovanni Buitoni verso la metà dell’800. L’azienda voleva proporre un prodotto innovativo e grazie ad ottime iniziative pubblicitarie e manageriali portò sul mercato pastine «poliglutinate» e «iperglutinate» con concentrazioni di glutine crescenti.

La pubblicità, in pochi anni, passò dai punti vendita alla carta stampata, dalle locandine affisse nei negozi alle inserzioni commerciali ed era focalizzata sul contenuto energetico di queste pastine.


Nell’era del post-moderno, viviamo esattamente la situazione opposta. Siamo letteralmente invasi da alimenti la cui dicitura in etichetta riporta la caratteristica “senza glutine”. 

Ma è davvero solo una moda? Appurato che una dieta senza glutine non fa dimagrire, perché in tanti si ostinano a seguirla? 

La situazione si complica ulteriormente quando qualche esperto del settore, o presunto tale, sentenzia che la dieta senza glutine non solo è inutile ma è potenzialmente dannosa.

Districare i fili di questa confusa matassa è alquanto complicato, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.


Cereali e glutine 


Il frutto dei cereali è la cariosside, un frutto secco amidaceo, farinoso, commestibile, impropriamente chiamato seme o chicco e dal quale si ottiene la farina. 


Tutti  le cariossidi hanno una struttura simile, suddivisa in tre parti: l’endosperma interno amidaceo e proteico, il germe o embrione ricco di micronutrienti come vitamine del gruppo B, vitamina E, antiossidanti, fitonutrienti e grassi insaturi e la crusca esterna ricca di fibre e importanti antiossidanti, che forma uno strato protettivo intorno al chicco.



Con il termine glutine si intende un complesso proteico (insolubile in acqua) contenuto nelle farine (endosperma) di alcuni cereali: si forma a partire da proteine quali gliadine e glutenine, naturalmente presenti nel chicco di alcuni cereali (frumento, farro, orzo, segale).


Le gluteline e le prolammine rappresentano l'80% della porzione proteica presente nella cariosside (chicco) del grano, il restante 20% è costituito da proteine solubili come le albumine e le globuline.

Le prolammine sono rappresentate da:

- la gliadina (presente nel frumento),

- l'ordeina (presente nell'orzo),

- la secalina (presente nella segale),

- l'avenina (presente nell'avena).

    

Come si evince dalla figura, il glutine non esiste come composto naturale ma si forma quando la farina viene impastata con acqua: gliadina e glutenine si organizzano in un reticolo proteico tridimensionale che conferisce elasticità e resistenza all’estensione dell’impasto (pane, pasta e prodotti da forno). Pertanto la quantità e la qualità di glutine presente in una farina è un importante indice per valutarne la qualità e l'attitudine alla panificazione.

Dal punto di vista del valore biologico relativo alla composizione aminoacidica, il glutine è nutrizionalmente sbilanciato, dato che è carente nell'amminoacido lisina.



Celiachia, allergia e sensibilità al glutine: tre disturbi con cause ben distinte.


La celiachia è una malattia autoimmune che colpisce solo soggetti geneticamente predisposti che, di fronte all’assunzione di glutine, producono anticorpi che vanno a distruggere i villi intestinali. Questa reazione provoca, con il passare del tempo e con l’ingestione di glutine, l’atrofia dei villi intestinali, con perdita di capacità di assorbimento dei nutrienti a livello dell’intestino tenue. 


Sempre su base immunitaria, mediata dall’azione delle immunoglubuline di tipo E, vi è l’allergia al glutine; la reazione nei soggetti allergici, in seguito a ingestione di un dato alimento contenente glutine è quasi immediata (a distanza di minuti o di ore). 


Un altro disturbo riconosciuto dall’Associazione Italiana Celiachia è la sensibilità al glutine non celiaca, che si stima interessi dal 6 all'8% della popolazione (circa 6 volte più della celiachia), con dati comunque in forte aumento. 

Di seguito ci soffermeremo proprio su quest’ultimo disturbo.


La gluten sensitivity


Da tempo ci si era resi conto dell’esistenza, in molti pazienti, di una condizione di sensibilità al glutine anche se erano assenti criteri diagnostici compatibili con una condizione di allergia al grano o di celiachia. Questi pazienti sono rimasti per molti anni senza una precisa diagnosi, venendo spesso considerati dei pazienti affetti da sindrome dell’intestino irritabile o con problematiche di tipo psicologico e ansioso-depressivo o pazienti da sorvegliare per il possibile sviluppo in futuro di celiachia.

Ad oggi possiamo senz’altro affermare che la gluten sensitivity non rappresenta una forma attenuata di celiachia, ma una patologia distinta, diversa dal punto di vista molecolare, anche se scatenata dalla stessa causa, cioè l'ingestione di alimenti contenenti glutine.


Gluten sensitivity: quali sono i sintomi?


La sensibilità al glutine non celiaca è caratterizzata da molteplici sintomi intestinali ed extraintestinali che si manifestano dopo l’assunzione di glutine, sintomi che migliorano o addirittura scompaiono dopo l’eliminazione del glutine dalla dieta.

La reazione dipende dalla dose di glutine ingerito, e la sintomatologia può comparire anche dopo svariate ore dall’assunzione dell’alimento contenente glutine.


Che differenza c’è tra gluten sensitivity e celiachia? 


Nella sensibilità al glutine la sintomatologia è IgG mediata, mentre ricordiamo, come detto sopra, che nella celiachia l’attivazione è IgE-mediata. La risposta immunitaria (di tipo IgG) non va ad attaccare le cellule dei villi intestinali, come nella celiachia, ma causa un’infiammazione. 

Questo perché la digestione del glutine avviene da parte di transglutaminasi intestinali che modificano la glutammina, un amminoacido, e nei soggetti celiaci si sviluppano anticorpi anti-transglutaminasi, che sono proprio i responsabili delle alterazioni dei villi intestinali. 

Diversamente, la gluten sensitivity è riconducibile a un’allergia ritardata o impropriamente definita intolleranza: in altre parole si scatena un’infiammazione a livello dell’apparato digerente e di altre parti dell’organismo che comporta la comparsa di anticorpi anti-gliadina (IgA e IgG anti-AGA), molecola che, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, è presente nel complesso proteico glutinico contenuto in frumento, farro, segale, kamut®, orzo e altri cereali.

Da quanto appena esposto è evidente che  vi è una diversa patogenesi fra celiachia e gluten sensitivity: nella celiachia vi è l’attivazione sia dell’immunità innata che adattativa con coinvolgimento della transglutaminasi e produzione di citochine (IL- 17, IFN- , IL-15) ed autoanticorpi (anti-tTG). Nella celiachia, alcuni peptidi derivati dal glutine (in particolare il frammento 31-49 di 19 amminoacidi) in soggetti sensibili provocano reazioni immunitarie abnormi.

Nella gluten sensitivity abbiamo l’attivazione della sola immunità innata (espressione di Toll-like receptor –TLR-2 and FOXP3, T-reg marker) senza risposta citochinica (non riscontro di citochine a livello intestinale) e autoanticorpale (assenza di anti-tTG).

È bene sottolineare che la “sensibilità” può aumentare nel corso della vita o scomparire naturalmente senza lasciare danni, a differenza della celiachia, che si accompagna ad un effetto cumulativo, con un grado di risposta che possiamo paragonare a quello di una reazione allergica conseguente a uno stimolo continuativo.


In estrema sintesi, nella celiachia l’attacco viene portato a strutture (villi) del proprio organismo, riconosciute erroneamente come “estranee”; nella GS l’attacco viene portato verso strutture proteiche ritenute “estranee”.


La permeabilità intestinale e la gluten sensivity.


Una ridotta permeabilità intestinale è stata riscontrata in entrambi i disturbi, anche se in misura molto più marcata nella celiachia. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta e che conseguenze comporta. 

Molto semplicemente possiamo affermare che con il termine leaky gut syndrome (sindrome da alterata permeabilità intestinale) ci si riferisce a una condizione in cui l’intestino diventa poroso e meno capace di fungere da barriera a cibo, batteri, funghi, allergeni, con i quali costantemente viene a contatto. Contribuisce a tale disequilibrio un intestino con flora batterica compromessa, che vede alterata anche la produzione di enzimi digestivi, determinando la riduzione delle normali funzioni biochimiche relative a pH, vitamine, peptidi e batteri.



Questo causa un’infiammazione submucosale secondaria, tale da alterare alcuni pattern enzimatici presenti sulle membrane cellulari, in particolare sui microvilli, che in condizioni di normalità permettono la digestione fisiologica e l’assorbimento dei micronutrienti, mentre in condizioni patologiche favoriscono il passaggio di macro-molecole oltre la barriera gastro-intestinale.



Quando questo avviene, tali macromolecole possono essere identificate come NON-self e scatenare risposte immunologiche.


Attualmente, questa patologia riveste grande importanza anche per la sua capacità di ridurre l’assorbimento di farmaci, tra cui la pillola contraccettiva.


Una domanda sorge spontanea: perché le patologie correlate al glutine sono in così forte ascesa?

Fra i fattori che hanno condizionato questo incremento di intolleranza al glutine, un ruolo di primo piano va attribuito alla selezione, già a partire dalla metà dello scorso secolo, di varianti di grano con più alto contenuto di glutine, una proteina che garantisce una maggiore elasticità nella lievitazione, permettendo così una riduzione dei tempi di produzione.

Ma di questo vi parleremo nel prossimo articolo.


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