21 FEBBRAIO 2020

Dopo quella della Pietra, del Bronzo, del Ferro viviamo l'Età della Plastica

“ Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”

Antoine-Laurent de  Lavoisier

Chimico, biologo ed economista francese


A cura della Dott.ssa Garofalo Brigida


A più di un secolo dalla scoperta della celluloide e a settanta anni dalla commercializzazione delle prime calze di nylon, ad oggi la PLASTICA, nelle sue infinite sfaccettature, è una delle protagoniste indiscusse della nostra epoca. Il motivo risiede nelle ottime proprietà intrinseche di questo materiale quali ottima resistenza meccanica, leggerezza, impermeabilità,  resistenza ad attacchi chimici e l’inattaccabilità da parte di funghi e batteri, inoltre risulta essere un ottimo isolante elettrico e termico.

Però…esiste un però ed è quello che si è reso noto all’opinione pubblica nell’ultimi anni : i prodotti plastici implicano numerose problematiche in fase di smaltimento. Problematiche che inesorabilmente coinvolgono l’ambiente circostante e di riflesso la nostra salute.

La produzione industriale di plastica è iniziata più di un secolo fa ed ha trovato impiego in moltissimi settori, in alcuni casi addirittura scavalcando l’impiego  di materiali tradizionali. È innegabile che l’introduzione delle materie plastiche sul mercato mondiale abbia contribuito alla corsa dell’uomo alla tecnologia,  ma allo stesso tempo ha dato il via al consumo di  tutta una serie di prodotti “usa e getta”, che hanno catalizzato il consolidamento di uno stile di vita consumistico.



Definiamo  la plastica dal punto di vista chimico.

L’Unione Internazionale di Chimica Pura ed applicata (IUPAC) definisce le materie plastiche come “materiali polimerici che possono contenere sostanze finalizzate a migliorarne le proprietà o ridurne i costi”. Accanto a questa definizione “commerciale” possiamo aggiungerne un’altra ossia quella che la plastica è un polimero organico sintetico: cioè una molecola di grande dimensioni, formata da tante unità-base(monomeri) in cui è presente uno o più atomi di carbonio. Nonostante si una sostanza  organica, la plastica non è presente in natura ma viene sintetizzata artificialmente a partire da risorse naturali come gas, petrolio e derivati.

Circa l’8% di tutto il petrolio estratto a livello mondiale viene utilizzato per la produzione della plastica.


Come finisce la plastica nei nostri oceani? 

È ampiamente risaputo che molta della plastica che usiamo non è smaltita correttamente (succede anche nei Paesi più attenti e sensibili alle questioni ambientali) e che prima o poi questo  materiale inizia il suo viaggio verso il mare - un viaggio che dura anni dove viene degradata  in pezzi sempre più piccoli, fino a diventare micro: queste microplastiche diventano cibo del cibo di cui noi stessi ci nutriamo entrando nella nostra catena alimentare: attraverso il cibo, l'acqua e l’aria.Il problema della plastica è che rimane chimicamente plastica: essa è cosi resistente che non torna nell’ecosistema in quanto i legami chimici sono troppo forti.





Non solo colpa della plastica


La plastica è uno dei nove elementi inquinanti in grado di destabilizzare il pianeta e non renderlo più abitabile, gli altri otto sono il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, i cicli di azoto e fosforo, l'acidificazione degli oceani, lo sfruttamento eccessivo del territorio, la crisi dell'acqua potabile, il buco dell'ozono, gli aerosol (pm10), l'inquinamento chimico.


Microplastiche e salute 


I pericoli insiti nelle microplastiche  sono legati alla loro capacità di veicolare sostanze chimiche pericolose , comprese quelle utilizzate in fase produttiva, nonché contaminanti ambientali che possono venire assorbiti sulla loro superficie durante il loro uso e la permanenza nell’ambiente. Parliamo di stirene, metalli tossici (piombo, mercurio), ftalati, bisfenolo A (BPA), policlorobifenili (PCB) e idrocarburi policiclici aromatici (IPA).

Molte di suddette sostanze ricordiamo essere riconosciute come molto tossiche per gli esseri umani e gli animali, poiché cancerogene, interferenti endocrini, neurotossiche. La tossicità di ftalati e bisfenolo A, onnipresenti nell’ambiente e nel corpo umano, è stata dimostrata in ampi studi.

Ogni settimana ne ingeriamo una quantità pari al peso di una carta di credito: a dimostrarlo uno studio dell’ Università di Newcastle. 

L’esposizione dell’uomo alle microplastiche può avvenire attraverso due vie, la dieta e l’inalazione aerea. Una delle prime fonti alimentari di microplastiche sono quindi gli organismi marini che le assorbono sia per ingestione , spesso le confondono con cibo , sia attraverso la filtrazione passiva dell’acqua. Zucchero e miele, sale, birra e acqua potabile sono alcuni degli altri prodotti alimentari dove sono state riscontrate particelle di microplastica in percentuale apprezzabile.

L’ esposizione tramite inalazione aerea è sovrapponibile all’esposizione da particolato atmosferico (PM), in quanto parte di esso è costituita da microplastiche. I danni alla salute sono di conseguenza strettamente correlati alla dimensione delle particelle e alla loro composizione chimica. Le nanoplastiche possono raggiungere la parte più profonda degli alveoli, traslocare nel sistema circolatorio e così raggiungere qualsiasi tessuto/organo/cellula del nostro organismo.



…il futuro: dal modello economico circolare alle nanomolle di carbonio, dai grandi progetti di bonifica ai piccoli gesti quotidiani.



I politici auspicano la conversione del  tradizionale modello economico lineare (make-use-dispose) dove si cerca di estrarre il valore massimo dalle risorse e aumentare il più possibile il ciclo di vita del materiale, in un modello ad economia circolare che si basa sull’idea di recuperare sempre più rifiuti in modo da poterli riciclare o riusare. 

Un team di scienziati della Florida propongono la decomposizione delle microplastiche tramite reazioni a catena innescate dall’utilizzo di specie reattive dell’ossigeno (ROS). La soluzione di Wnag (et all) è stata quella di pensare a un’alternativa per la produzione delle specie reattive dell’ossigeno: nanotubi di carbonio e azoto magnetici, organizzati come piccole molle, per ottimizzare superficie reattiva e stabilità. In questo modo si eliminano inquinanti come cobalto o ferro (catalizzatori per la produzione di ROS).


Infine, ma non ultimo per valenza, resta ciò che può fare ciascuno di noi nel proprio piccolo: limitare l'uso di tazze, posate e cannucce di plastica, riciclare correttamente le bottiglie di plastica, diventare in altre parole consumatori consapevoli



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