23 DICEMBRE 2019

‟L’INVERNO COME ESTATE DELL’ANIMA„


 A cura della Dott.ssa Marchetto Silvia

 

Ciò che la stagione invernale porta incontro sono immagini che parlano ancora una volta delle trasformazioni della natura, quale riflesso dello stato d’animo dell’uomo cui essa è indissolubilmente legata.

Si osserverà così l’albero spogliarsi completamente della sua chioma autunnale rosso-oro, lasciando emergere colori più tetri quali marroni, grigi, quasi neri della corteccia, immersi in un’atmosfera blu gelida cui il Cielo regalerà forse qua e là fiocchi di neve bianchi e perfettamente formati. Ma ecco che, nel bel mezzo di paesaggi freddi e desolati, compare in alto, la brillante scia di una Stella Cometa, mentre in basso sulla Terra le fa eco il bagliore di un fuoco scoppiettante, le cui fiamme sembrano danzare allegramente per riscaldare non solo gli arti, ma anche il cuore dell’uomo.

Seguendo il nostro istinto inconscio, saremmo sicuramente portati ad attribuire i colori giallo, rosso, arancio, al calore dell’estate, mentre i colori più “freddi” (..per l’appunto) quali blu e marroni, alla stagione invernale. Ci si renderà improvvisamente conto che il succedersi delle stagioni diviene un cammino di espressione della luce: se nella stagione estiva quest’ultima circonda l’uomo ed è tutta proiettata verso l’esterno, in Inverno essa risplende all’interno del suo animo. È esattamente ciò che dimostra la pianta nel suo ciclo di trasformazioni: in Primavera essa cresce, protende tutte le sue forze verso l’alto, verso la luce del Sole per beneficiare di tutto quel calore che la farà crescere e germogliare al punto che in piena Estate sarà in grado di liberare intense profumazioni e regalare all’uomo frutti succosi e prelibati; in Autunno il calore solare non si manifesta più sulla superficie della pianta, ma viene assorbito e trasformato dando quella moltitudine di colori autunnali che tanto ci affascina; poi ad un tratto, anche questi ultimi scompaiono, sintomo evidente che i processi di calore e luce estivi sono stati ormai completamente interiorizzati dalla pianta.. essi vengono raccolti e concentrati tutti nel seme, ultimo prodotto che la pianta donerà alla Terra, affinché questa possa creare le condizioni giuste per la loro successiva fase di germogliazione.

Sono momenti preziosi e di miracolosa trasformazione, in cui la pianta lascia che l’occhio umano scorga ciò che in essa sta avvenendo ma con altrettanta rapidità muta nuovamente esortando l’occhio dell’uomo a rimanere sempre desto e attento ai cambiamenti che lo circondano.

Se volessimo raffigurarci tale processo riportandolo all’uomo, potremmo immaginare il succedersi delle stagioni come una sorta di grande Espirazione della Terra nel periodo Primavera-Estate, seguito da un altrettanto grande processo di Inspirazione nella stagione fredda. La differenza è che, mentre nell’uomo ciò che entra è aria, nel caso della Terra ciò che viene interiorizzato sono forze: quelle che operano nella crescita delle piante, quelle che in Primavera le fanno spuntar dal terreno e in Autunno ve le ritirano, quelle che fanno appassire le loro parti verdi e in ultimo ne fanno cessare la crescita. Tale processo raggiunge il suo culmine proprio al solstizio d’Inverno (21 Dicembre). In questo tempo la Terra ha del tutto inspirato e trattiene in sé le forze di cui appunto si è parlato, trattiene quindi il suo respiro! Trattenendolo, essa però al contempo si “isola” dal Cosmo, perde la sua connessione con il Sole. Quest’ultimo infatti può esercitare la sua forza sulla Terra solo quando essa abbia completamente espirato le sue forze. Nei mesi invernali quindi, nelle profondità della Terra riposa tutto ciò che essa aveva dispiegato nel periodo estivo per farlo stimolare poi inseguito nuovamente dal Cosmo. Seguendo tale ragionamento, il percorso che uomo e natura compiono nel succedersi delle stagioni diviene conseguenza di questo grande respiro della Terra, che così facendo non apparirà più come un semplice assemblaggio di materia, ma come vero e proprio organismo vivente.

Gesù nasce così nel periodo in cui, per così dire, la Terra non parla con il Cielo, è tutta ritirata in se stessa, si muove solitaria nello spazio cosmico. Tale sentimento di solitudine, se pensiamo bene, è riflesso anche nell’uomo che nei mesi invernali tende spesso a manifestare un certo senso di abbandono, di sconforto, tristezza, un acuirsi delle sue paure più profonde, cui spesso non sa trovare una causa ben precisa. Tale modo di percepirsi si giustifica proprio per questo distacco cosmico: le forze dell’estate, con i loro profumi, sapori, suoni che lo “tenevano per mano” improvvisamente si allontanano lasciando un profondo senso di vuoto e silenzio interiore. L’uomo ora è solo, in mano alle sue stesse forze… è tempo per lui di confrontarsi con se stesso.

Nei tempi antichi, se per il tempo di San Giovanni tutto era immerso in un elemento poetico e musicale, per il profondo Inverno tutto era invece predisposto affinché gli uomini sapessero di dover stare in quiete, di doversi immergere in un’attività di pensiero più contemplativa. Le attività tipiche erano quelle di risolvere enigmi e indovinelli, rispondere a domande che venivano poste in una qualche forma velata affinché trovassero il senso di ciò che veniva presentato in segni, si dava spesso una formula magica e di questa si doveva indovinarne il contenuto riferendolo alla natura. Durante i mesi estivi l’uomo antico doveva attivare le sue membra per quel che richiedeva il lavoro nei campi, doveva mettere mano all’aratro; terminati i raccolti, le membra dovevano riposare e allora si risvegliava in esse l’esigenza di attività diverse: le mani tendevano a modellare qualcosa, erano rivolte alla creazione di forme plastiche. Il Natale diveniva così un momento di grande impulso volto a modellare a dare forma alle più diverse sostanze, si aveva addirittura una sottile sensazione per i modi diversi con cui l’acqua cominciava a gelare e formare quelle stupende strutture artistiche cristalline (da cui l’usanza a San Silvestro ancor oggi di gettare piombo fuso nell’acqua fredda per osservare poi le forme assunte e indovinarne il significato!). In questo modo, mentre con la musica e la poesia nel pieno dell’estate si rivolgevano domande ai Cieli, in Inverno si formulavano domande all’elemento terrestre sperimentando quali forme potesse assumere, compresa la figura umana!

 

Oggi il compito è forse quello di recuperare un pochino di quel saggio sentire antico, avvertire il senso dei cambiamenti della natura nel succedersi delle stagioni e cosa accompagna l’uomo in tali cambiamenti. In Inverno in particolare non avvertire semplicemente il “freddo”, ma collegare quel gelo fisico alle forze della Terra alle quali siamo legati mediante la forza di gravità, vivere le qualità di questa stagione come oscurità contrapposta a calore e luce estivi, percepire in quell’oscurità il senso di pesantezza e di concretezza che conduce alla creazione di elementi plastici e quindi alla materialità del nostro vivere con la consapevolezza del rischio che essa comporta, ossia quello di rimanerne imprigionati. Solo in questo modo si sarà forse in grado di cogliere ciò che il Natale porta con sé: forze di luce, amore e bellezza che riscalderà la fredda roccia sulla quale l’uomo poggia il suo piede, facendo breccia infine sul suo animo che non si sentirà più solo e abbandonato alla gelida materialità della sua esistenza, ma desterà la sua coscienza in pensieri di luce!

 

 

Fonti:

§  “Il corso dell’anno come respiro della Terra e le quattro grandi festività” , R. Steiner, Ed. Antroposofica Milano.

§  “ L’esperienza del Corso dell’anno in quattro Immaginazioni cosmiche”, R. Steiner, Ed. Antroposofica Milano.

§  Riflessioni tratti da studi personali antroposofici.

§  Figure tratte da www.pinterest.it

 


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